Il 19 marzo è andato in scena al Teatro Comunale di Vicenza lo spettacolo “Sogno di una notte di mezza estate”. La compagnia teatrale ha riproposto una versione moderna e pop dell’opera shakespeariana omonima.
Fin da subito si è potuta cogliere la modernità attraverso il balletto di presentazione, le musiche e il linguaggio dei personaggi.
La trama della rappresentazione mantenuta pressoché invariata è risultata avvincente per il ritmo mantenuto vivo per l’intera serata; infatti entrelacement e dialoghi vivaci si susseguono mantenendo salda l’attenzione dello spettatore. Personalmente ho trovato che questa strutturazione sia stata efficace e ho potuto seguire con interesse e curiosità, nonostante conoscessi la vicenda.
A scuola durante i due incontri tenutisi assieme all’attore Andrea Dellai abbiamo discusso in un primo momento di ciò che possa rappresentare per noi il teatro e in un secondo momento dello spettacolo in sé.
Sono sorte così alcune riflessioni a riguardo che condivido: “Il sogno di una notte di mezza estate” è stato ambientato in un bosco “circense” e quindi ciò che di rimando lo spettatore poteva provare nel vedere l’ambientazione e la sceneggiatura stessa era un sentimento di smarrimento, angoscia, intrigo; lo stesso palco presentava un carro abbandonato avvolto da rampicanti; e quindi qui giungeva la finalità universale del teatro che ha permesso a tutti gli spettatori di sentirsi partecipi e investiti dal clima inscenato come se fossero veramente in quel posto.
Alla prima lezione abbiamo riflettuto su tutto ciò che concerne il teatro e sul fatto che uno spettacolo teatrale può emozionare e addirittura immedesimare lo spettatore nella storia. Durante “Sogno di una notte di mezza estate” non mi sono immedesimata in nessun protagonista nonostante sia stata presa da ciò che stavo vedendo. Secondo me questo è dovuto dal fatto che gli stessi attori sembravano recitare anche da personaggi, soprattutto si poteva notare con Bottom e i suoi colleghi artigiani, che secondo trama originale, hanno portato in scena una rappresentazione per il Duca creando un palco sul palco, ma anche con Ermia, Lisandro, Elena e Demetrio; tra gli innamorati non vi sono stati gesti o parole spontanei d’amore ma solamente incomprensioni e scompiglio dovuti anche a Puck o Oberon.
Il momento che più ho apprezzato è stato il finale: la messa in scena della compagnia e il monologo di Oberon.
Della prima mi è piaciuta la fusione creata tra palcoscenico e platea; mi sono accorta che ad un tratto quando gli artigiani erano in attesa di applausi non era chiaro se li stessero attendendo da noi o dal Duca e la duchessa e questo mi ha fatto sentire parte integrante di quello che stava succedendo; ovviamente mi è piaciuta la parodia che hanno creato con il loro linguaggio che rendeva loro ancora più comici.
Il monologo di Oberon, protagonista centrale, mi ha colpito in quanto ha rivolto al pubblico l’invito, che in sostanza racchiude l’opera di Shakespeare, a sognare e a comprendere i nostri sogni anche se in un primo momento possono apparire insensati.
Corrà Denise
4 BT Liceo Scientifico Statale Paolo Lioy Vicenza