Che una sera a teatro e la lettura di un romanzo mi portassero a riflettere su un tema che è di grande attualità non me lo immaginavo.
Le diverse vicende narrate nel “Fu Mattia Pascal”, romanzo assegnatoci in lettura per la scuola, e in “Uno,nessuno e centomila”, spettacolo teatrale che ho visto con i miei compagni a teatro, hanno infatti un tema in comune: i protagonisti, messi davanti alla cruda realtà se ne dissociano, giungendo perfino a rigettare la propria identità che credevano stabile.
Il protagonista e narratore di “Uno, nessuno e centomila”, Vitangelo Moscarda, a teatro è mostrato mentre vive senza troppe preoccupazioni, forse nemmeno accorgendosi che il suo io interiore è condizionato dalle persone che gli stanno intorno. E’ infatti il mondo esterno (la moglie) a renderlo consapevole delle milioni di “maschere” (ovvero i ruoli sociali) che la gente gli attribuiva e che lui stesso si era attribuito convinto che quelle fossero il suo vero io.
Invece Mattia Pascal viveva a Miragno in uno stato di non-vita, bloccato in uno spazio e in un tempo senza vie d’uscita, ma consapevole di quello che gli stava accadendo e desideroso di cambiare.
Entrambi, però, nel corso della loro storia rincorrono, cercano e bramano ottenere un’identità stabile, “vera”.
Vitangelo, scoperto prima il difetto del suo naso e poi tutte le “maschere” attribuitegli dai suoi amici, familiari e concittadini, decide di affrontare di petto la situazione, trovando la soluzione più adeguata nella pazzia, quella che porta a galla tutte le verità. La stessa pazzia che condurrà la sua mente alla bianca quiete e al silenzio delle voci.
Mattia, d’altro canto, è un codardo, un inetto che pur di non accettare il suo io, che già conosceva o credeva di conoscere, decide di cambiare aspetto operandosi all’occhio strabico e di cambiare nome, città e impiego pur di non affrontare i suoi problemi. Questa sua scelta lo porterà però a una lucida “pazzia interiore”, cioè alla cosciente follia di “guardarsi” vivere, e alla perdita della sua ingenuità iniziale.
Possiamo quindi concludere che la pazzia alberghi nelle menti di entrambi i protagonisti e narratori, ma che uno di loro (Mattia) abbia deciso di accettarsi, abbracciando l’idea di essere quello che è, a differenza del secondo (Vitangelo) che per il timore di non essere “il vero se stesso” e pur di presentare al mondo la “sua versione” avrebbe anche venduto l’anima al diavolo, se avesse potuto così esser sicuro di raggiungere la verità.
Catalina Nicoleta Mosneagu