Connessioni

Rivedo più volte volta il lavoro RE-PLAY e mi stupisco di trovarvi sempre nuove connessioni e risonanze e malgrado sia un work n progress anche una certa circolarità tra i vari quadri.   Apprezzo l’accento dato dai movimenti in torsione, in bilico, verso la ricerca di NUOVO equilibrio.

I primi due minuti mi avevano introdotto in mondo di gesti fluidi, pur se centellinati con lo stop -motion. Li osservo poi insieme alla danzatrice attraverso un monitor/specchio. L’apparire dell’oggetto e il suo diventare filtro incuriosisce, turba e disturba. Vedo il leggio come riferimento a una partitura, forse non scritta da noi, ma per noi.

Le due uscite di scena con il richiamo sonoro alla realtà in frantumi (specchio) e al mondo altro (il cane che abbaia) ci impediscono la facile metafora dell’io altro, come semplice narcisismo. Il rapporto compiaciuto con l’oggetto veicola emozioni: dalla tenerezza alla violenza.

Il farsi oggetto, attraverso una mimesi sessuale, vitale e un po’ onirica si trasforma di nuovo e ci affascina con la presenza del pesce. Diventa specchio di una condizione comune, qui non più solo metaforica, di pesci nella boccia. Prigionieri di un mondo creato per stare al nostro servizio, ma che ci riproduce.

Come salvarsi? Ricorrendo all’eleminazione dell’oggetto, da cui pur dipende anche la nostra visione di spettatori, per ri-appropriarci dei gesti quotidiani, ri-elaborati e ri-visti anche nel proprio doppio.

La CONCLUSIONE può essere lo sguardo sull’ALTRO, un altro danzatore che ci imita e fa suo un po’ del nostro mondo. Senza gli altri la tecnologia a che ci servirebbe? Oggi esistiamo per essere visti.

Patrizia Duso